Umberto Nobile – Primo Episodio

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C’è stato un tempo in cui il mondo non si conosceva.

Pensateci: adesso basta mettere una mano in tasca e tirar fuori un oggetto che permette di vedere fotografie di ogni piccolo angolo del pianeta.


E diventa difficile da immaginare soltanto i nostri antenati partire e non sapere cosa si sarebbero trovati davanti.

Un viaggio di esplorazione era soprattutto uno sforzo di fantasia. Bisognava mettere insieme le poche informazione disponibili ed immaginarsi che cosa avrebbero incontrato.

Molto spesso, quasi sempre, lo sforzo era vano e quello che si scopriva era diverso dal previsto. Così nascono le leggende di terre mitiche, i racconti di isole fantastiche piene di popoli meravigliosi e ricchezze immense oppure distese sconfinate piene di mostri divoratori di uomini, foreste abitate da indigeni giganteschi e bellicosi.
Però pensate alla grandezza di questi sogni e alla possibilità di farli. Oggi non possiamo più farli perché l’ignoto sulla Terra non esiste più.

E arriviamo a meno di cent’anni fa, l’epoca degli ultimi esploratori pieni di sogni e speranze. Tutto stava cambiando e lo stava facendo in fretta. Nel 1911 un norvegese ed un inglese avevano ingaggiato un duello romantico: come appartenenti all’ultima generazione di una stirpe di cavalieri, si sarebbero scontrati all’ultimo sangue, non per conquistare l’amore di una principessa, non per un forziere di tesori, non per una spada invincibile.
Loro lottavano un punto della carta geografica.
Chiunque avesse piantato per primo la bandiera del proprio regno, avrebbe avuto gloria e onori.
Fu davvero una lotta mortale. Roald Amundsen vinse il duello piantando la bandiera norvegese nel punto più meridionale che possa esistere: il polo sud.


Sir Robert Falcon Scott arrivò secondo e non ebbe più la forza di tornare vivo a casa.

A questo punto, restava un solo ultimo posto da conquistare al lato opposto del pianeta.
Ma il polo nord vendeva cara la pelle e l’Artico restava terra sconosciuta. Un nuovo intrepido duellante si inserì nella contesa, spinto, come tutti da un sogno: essere l’ultimo degli esploratori, l’uomo che avrebbe messo fine alla guerra con l’ignoto.

Umberto Nobile sapeva di essere nuovo del campo. Era nato a Lauro nel 1889 e si era formato a Napoli. Cos’hanno Napoli e Lauro in comune col freddo polare? Niente.
E poi non era un marinaio, non era con conducente di slitta, non era un capitano d’uomini pronti a tutto. Era un ingegnere.
Ma l’animo non fa differenza quando è abbastanza deciso da andare fino in fondo e Nobile aveva un’arma a sua disposizione: aveva un’idea vincente e i mezzi per realizzarla.
L’ingegnere capì che i tempi stavano cambiando e lo capì prima degli altri. Era una corsa, serviva uno strumento nuovo e serviva adesso.
Il volo era questione recente e gli aeroplani ancora fragili. Il dirigibile no, il dirigibile era grande e forte e pronto. Nobile era in grado di costruirne uno.

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Autore del post: Daniele Acerra

Classe 1989, ma ne dimostra di più. Lauretano da sempre, scrittore da un po', si occupa di teatro e cinema.

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