Umberto Nobile – Terzo Episodio

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Nella comunicazione moderna, noi non riusciamo ad immaginare quanta notorietà abbia potuto dare l’essere riuscito a conquistare il Polo Nord.


Il Generale Nobile è un uomo da copertina, un nome famoso in tutto il mondo, un nome che il governo fascista sponsorizza in lungo e in largo.


È un successo meritato, frutto di lavoro e coraggio ma a qualcuno non basta.

Le polemiche con Amundsen sono ancora fresche e hanno offuscato in parte la portata dell’impresa. L’esploratore norvegese si è praticamente ritirato a vita privata, questo per il Generale Nobile è il momento adatto per ribadire quanto vale.


Non è bastato nemmeno al regime: la navicella aveva il nome di uno stato straniero, “Norge” Norvegia. Nel delirio nazionalista di quella propaganda, è un affronto che deve trovare rimedio.
E poi, l’ingegnere ha un nemico interno.


Italo Balbo, fascista della prima ora, uomo di governo, aviatore eroico. Balbo è un sostenitore della superiorità dell’aeroplano ma i dirigibili del Generale Nobile hanno mediaticamente surclassato le sue imprese su questo mezzo.

In questo clima, prende il via l’ambiziosa spedizione del dirigibile “Italia”.
L’Italia è un mezzo nuovo, progettato per percorrere distanze più lunghe e, soprattutto, per poter far scendere degli uomini sul Polo. In più, l’equipaggio è italiano, la nave tutta è italiana.

È quello che serve per scacciare via le nubi del passato.


L’idea è quella di esplorare le ultime parti di globo ancora sconosciute, raggiungere il polo e piantare lì il tricolore ed un croce benedetta dal Papa. La spedizione ha un’impostazione marcatamente scientifica, come voluto dal Generale Nobile stesso, e prenderà a bordo giornalisti e scienziati.


È un’impresa ambiziosa e Balbo è pronto ad aspettarlo al varco.

Milano, poi la Prussia orientale, Vadso in Norvegia, e le isole Svalbard, ultimo punto di partenza verso l’ignoto Nord. Ci siamo, tutto è pronto per il balzo finale.


Il viaggio è tranquillo fino quasi alla fine quando si alzano venti pericolosi e nubi nere. Non si può atterrare sul Polo, la bandiera e la croce vengono solo lanciate.

Ma l’impresa è compiuta, a bordo festeggiano. Tutti tranne uno.


Il giovane meteorologo Finn Malmgren deve rispondere ad un quesito vitale: la tempesta si avvicina, ma da che lato? Conviene superare il polo ed andare avanti fino all’Alaska come aveva fatto il Norge? Oppure tornare indietro come era già previsto?


Malmgren risponde come se dovesse sputare un macigno, consapevole della responsabilità di quella scelta: si torna indietro.

Il tempo è orribile, il vento aumenta ma la poderosa nave resiste e, per un unico drammatico attimo, Nobile è convinto di avercela fatta. Quando fa alzare il dirigibile oltre le nubi, riesce a vedere le cime bianche di Spitzbergen, la loro meta.

Ma l’Artico deve ancora richiedere il suo terribile prezzo.


L’aeronave carica di ghiaccio si inclina fino al punto limite, precipita ed impatta il pack. Lo schianto è tremendo, la gondola resta al suolo, l’involucro alleggerito riprende quota verso un destino sconosciuto, con esso sei persone delle quali non si saprà più nulla.


Sul ghiaccio restano i superstiti. Il giovane manovratore Pomella non ce l’ha fatta, Nobile è ferito ma vivo. Gli uomini si organizzano, sanno di essere vicini alla meta ma sanno anche la il ghiaccio si muove sul mare seguendo le correnti e non riescono a comunicare la posizione.

Si sistemano tutti in una piccola tenda colorata con l’anilina usata per le misurazioni, quella tenda che resterà famosa come Tenda Rossa ma che in realtà è di un rosa sbiadito.

Il marconista Biagi riesce a mettere in sesto la radio e invia con insistenza l’SOS.


Nessuno risponde e il terrore e la fame e la fatica si fanno strada tra tutti. Malmgren è divorato dai sensi di colpa e decide di provare a raggiungere le isole a piedi. Con Zappi e Mariano organizza una marcia che non lo vedrà mai alla meta.

Morirà di fatica e freddo e resterà lì sepolto dai compagni, in una buca nel ghiaccio.

I giorni passano e agli uomini sembra di essere stati abbandonati. Non sanno che il loro segnale è stato captato da un radioamatore russo. Adesso il mondo sa che sono vivi.

Lo sa anche il vecchio Amundsen che non aspetta tempo per organizzare una spedizione in aiuto dell’antico nemico. Nessuno se lo aspettava dopo quegli eventi, forse nemmeno il norvegese stesso.

Nessuno può sfuggire al proprio destino e quello di Amundsen era di morire nelle acque fredde nell’Artico, per cercare l’ennesima impresa. Il suo aereo non verrà mai ritrovato, inabissato nel mare di Barents.

Si salveranno gli uomini dopo settimane di attesa, caricati da una nave rompighiaccio sovietica.
Nobile no, Nobile è andato via prima, salvato da un idrovolante svedese.
È il gesto che gli costerà le critiche più severe, quelle che Italo Balbo non vedeva l’ora di cavalcare: congedato per aver abbandonato l’equipaggio.

“Non è così che è andata”
Nobile lo griderà fino alla fine, lo grideranno i suoi uomini.
Lo griderà perfino a Mussolini nel suo studio a palazzo Venezia, glielo urlerà in faccia prima di essere accompagnato alla porta in malo modo.

Questo è il prezzo della gloria, dirà qualcuno, un prezzo che Nobile ha ampiamente pagato.
Il Polo è conquistato, adesso è storia, non più solo un sogno.

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Autore del post: Daniele Acerra

Classe 1989, ma ne dimostra di più. Lauretano da sempre, scrittore da un po', si occupa di teatro e cinema.

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