Passeggiando per il quartiere Preturo non può passare inosservato il Palazzo del Cappellano, più noto come Palazzo dei Tufi per la sua facciata in tufo bigio.
LA STRUTTURA
La caratteristica del Palazzo dei Tufi, rimasta intatta nel tempo, è nella sua imponente facciata in tufo bigio bugnato.
Presenta due tipi di bugnato che si armonizzano elegantemente “a cuscino “nel piano inferiore della facciata e “a punta di diamante “in quella del piano superiore.
Il portale d’ingresso è caratterizzato da un arco a tutto sesto finemente sagomato, fiancheggiato da due lesene scanalate in alto e rudentate in basso, sormontate da capitelli decorati a palmette accuratamente elaborati.
La trabeazione, con mondatura lineare, nell’architrave e nella cornice, racchiude l’arco d’ingresso in prosecuzione del quale si apre un vasto e profondo fornice che si affaccia sul cortile interno del palazzo.
DETTAGLI
Sulla facciata sono ancora visibili alcuni fori prodotti da armi da fuoco dei francesi che lo bersagliarono durante il saccheggio di Lauro nel 1799.
Negli spazi semicircolare dati dalle curve esterne dell’arco del portale si collocano due stemmi, tanto rovinati da non essere più leggibili ma quasi certamente delle insegne di famiglia uno e l’altro quello episcopale del committente dell’opera.
Monumento che caratterizza il quartiere denotando “forma completa dell’evoluzione architettonica rinascimentale in Campania” come riportato nel decreto di tutela della Soprintendenza ai BBAASS,
e per tale motivo dichiarato di particolare interesse ed importanza, ed ai sensi della legge del 1 giugno 1939, sottoposto a tutte le disposizioni di tutela.
Il Palazzo dei Tufi deve il suo aspetto all’iniziativa di Giovanni Del Cappellano, esponente dell’omonima famiglia scesa in Italia dalla Francia.
Giovanni Del Cappellano, già parroco della parrocchia di San Barbato in Lauro e Canonico Decano della Cattedrale di Nola, fu cameriere segreto alla corte di papa Giulio II della Rovere e venne da questi ricompensato per i servigi resi con la nomina a Vescovo di Bovino.
Dopo aver avuto tale nomina ristruttura, tra il 1513 e il 1529, il palazzo inspirandosi al gusto rinascimentale che egli aveva visto fiorire a Roma durante il tempo di permanenza alla corte papale e la cui nomina figura sugli architravi delle finestre del primo piano del palazzo:
IO. EPS. BOVIN. (Giovanni vescovo di Bovino.
Successivamente alla famiglia Del Cappellano il Palazzo è appartenuto alla famiglia de Narni, cavaliere di San Giacomo, alla famiglia Ziccardi e attualmente, diviso in più parti, la maggiore appartiene agli eredi di Giacomo Scibelli.
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