Don Rocco Napolitano. Nato a Marigliano il 15.09.1920, muore il 12.01.2008.
Chissà quante volte, per un lungo arco di tempo, lo abbiamo visto aggirarsi per ogni angolo della chiesa parrocchiale di Lauro, di cui era il custode e ministro del culto.
Gli anni, i decenni passavano, e con essi gli eventi e la storia di quelle sacre mura, e con essi anche l’età di Lui.
Finché giunto a venerabili limiti disse addio ai suoi Santi, affidò le chiavi del tempio ad un giovane ministro; lasciò il suo campo, il suo gregge a lui devoto, le pareti di quella che fu la sua casa.
Si avviò per ben altri sentieri ove tace ogni strepito terreno, ove un sacrale silenzio guida alla dimora eterna, a quella della sperata pace.
Così se ne andò Don Rocco.
Ora vogliamo qui tracciare brevemente la sua figura per comprendere meglio chi Egli fu per i suoi parrocchiani, per gli amici, per gli estimatori, per noi tutti.
Comprenderemo di più ciò che emerge dalla sua personalità, anche al di là della figura del sacerdote.
Io credo che Don Rocco si qualificasse innanzitutto per sentimenti di umanità, di amicizia che sapeva comunicare a chiunque nonostante potesse apparentemente sembrare persona severa.
Nel trattare non arrecava disagio all’interlocutore, anzi con il suo fare spontaneo pareva che ti conoscesse chissà da quanto.
Si notava in lui l’emergere del nuovo concetto dell’uomo che rompe con le forme tradizionali per esprimersi in maniera confidenziale e socievole senza incidere, per questo, sui valori positivi della tradizione.
Con questi semplici ed efficaci modi conquistò presto la fiducia dei cittadini fin dai primi anni della sua venuta a Lauro.
E non mancarono i giovani che lo seguissero, manifestando Egli particolare attenzione alla loro formazione morale.
Più volte, nelle omelie domenicali, ricorrevano i suoi riferimenti al disagio giovanile nell’attuale momento storico.
Richiami alla famiglia d’oggi, nella quale si va dileguando quell’aura di spiritualità che in altri tempi costituiva il nesso aggregante dei suoi componenti, ove al contrario se ne ravvisa oggi qualcosa che la disunisce. E ancora, sulla indiscussa autorità del padre, sul difficile mestiere dei genitori, i cui figli, sempre più sciolti dall’unità familiare, diventano di giorno in giorno meno controllabili. Il discorso si collegava poi al concetto edonistico della vita che conquista la gioventù con un crescendo di incontentabilità e di pretese; e qui invocava l’autorevolezza dei genitori spesso indotti ad eccessivi atteggiamenti di tolleranza verso i figli.
Questi gli argomenti di fondo additati da Don Rocco ai giovani e alle loro famiglie, perché comprendessero che tutto ciò che induce al mito del piacere ha come risultante l’inevitabile sconfitta della coscienza come voce interiore, e del fallimento dello spirito.
Perseverante il suo discorso sugli aspetti dell’educazione religiosa nella società contemporanea, donde gli insegnamenti derivanti dalle encicliche “Mater et magistra” di Giovanni XXIII, della “Populorum progressio” di Paolo VI a proposito delle tematiche affrontate sulla convivenza umana e sociale; nonché sull’analisi dei mali che affliggono il mondo in cui viviamo, e il rifiuto della tradizione e con essa i valori del passato vissuti da secolari generazioni.
Affiora, dunque, in Don Rocco il prete di oggi, dei tempi moderni, coinvolto nel sociale, nella società in attesa di nuove prospettive.
Si consideri poi che Don Rocco non fu soltanto il parroco di Lauro, ma anche il professore di materie letterarie presso il Ginnasio Liceo Vescovile del Seminario di Nola, e tanti ne traeva dietro, di alunni, qui da Lauro, e per più generazioni, spesso ospitando quanti ne poteva nella sua automobile nell’andare a scuola: un motivo di più per dire quanta conoscenza Egli avesse del mondo dei giovani che non solo educava ed istruiva, ma che proteggeva, e difendeva anche, nelle loro inevitabili trasgressioni o inadempienze.
Chi è dotato di intensa umanità, infatti, non risparmia il proprio cuore anche a costo di far tacere, di un tanto, la ragione. Si conquistava così l’anima dei giovani che cercava di portare ad un livello di educazione sempre più elevato attraverso un processo di integrazione socio-culturale mirato a determinare la personalità dell’individuo.
Così il Sacerdote, il Maestro, l’Educatore.
A completamento di questa triade non si può non associare quella dell’uomo di cultura, in senso più specifico e intenso.
Già studioso attento delle esigenze dello spirito del gregge che egli era stato affidato, rivolgeva il suo interesse ai vari temi di attualità.
Alle problematiche che riguardano il corso delle Chiesa dei nostri giorni, tra cui quella di capitale importanza sul modo di concepire la vita; sulle nuove ricerche scientifiche che si frappongono in evidente conflitto con le convinzioni religiose e morali.
La conoscenza umanistica che gli derivava dalla sua professione di docente non si limitava agli ambiti scolastici;
Don Rocco aveva il culto per il sapere, del ricercare ed approfondire gli argomenti, e ancora, mirando alla creatività con lavori frutto di personali esperienze. In questo contesto, d’intesa con Don Ciro, volle fondare “Segno dei Tempi”, l’organo pastorale delle parrocchie di Lauro, di Migliano e Pignano ove puntualmente pubblicava le sue considerazioni evangeliche sottoforma di originali racconti ed ove tanti giovani collaboravano con vivo entusiasmo. Peccato!
Il periodico durò soltanto due anni, ma degnamente vissuti.
Ma qualcosa di specifico e di più sentito ha voluto egli affidare al ricordo dei cittadini di Lauro. Ed ecco la pubblicazione del suo libro su San Sebastiano Martire. Nulla di più interessante per Lauro e per il Vallo che la storia dell’antico Santo protettore del territorio. Chi affida una propria opera alle generazioni venture è come se affidasse parte di se stesso perché quel libro è frutto non del solo intelletto, ma del cuore, dei sentimenti dell’anima.
Seguì ancora l’ultimo testo sul Vangelo in una esposizione del tutto singolare e vivace, favorevolmente accolto e lodato dalla critica letteraria e della Chiesa. E si dilettava inoltre anche di poesia.
Seguiva l’evoluzione culturale del nostro ambiente ed immancabile era la sua presenza ai convegni, alle manifestazioni celebrative di personaggi e di eventi. E mi sia consentito, a proposito, un personale ricordo che non posso dimenticare: il suo sincero intervento sulla prima relazione storica sul Vallo da me tenuta in Lauro nel 1957, in un convegno magistrale.
E aggiungo, inoltre, che nelle polemiche (che non mancarono) emergeva di Don Rocco tanta correttezza che terminavano con altrettanta cordialità, fugando ogni traccia di ostilità; al punto da sorprendermi quando al termine di una contesa, sorta tra noi, volle farmi dono del testo del Vangelo in lingua latina avendo saputo che ne ero in cerca. Don Rocco sentiva e riviveva le nostre tradizioni.
Si interessava alla storia della nostra terra; è doveroso, perciò, ricordare la partecipazione che la Chiesa di Lauro diede all’evento storico più considerevole del nostro territorio: l’insorgenza del 1799.
Fu condotto un ciclo di conferenze che si concludeva con cerimonia religiosa celebrata da S.E. Mons. Bruno Schettino che scopriva la lapide con l’elenco dei cittadini caduti per mano dei francesi e il Frate Agostino vittima degli insorgenti. Lapide voluta, scritta e fatta murare da Don Rocco sulla facciata della nostra Chiesa, a duecento anni dagli eventi che videro lottarsi in Lauro sanfedisti insorgenti, contro repubblicani e francesi. Non è poca cosa.
Una pagina storica di oggi che si collega alla storia del passato. Ebbe cura Don Rocco della Chiesa affidatagli, accrescendone il decoro, creandovi nuove opere, impegnandosi appassionatamente nella ricostruzione post sismica; stilandone concisamente il profilo storico affidato ad una lapide murata in essa.
Vogliamo cogliere, infine, qualche aspetto più ameno della persona di Don Rocco.
Più laurese dei lauresi , era presente in tutto, anche nelle più dilettevoli manifestazioni, in cui affiancava sempre le autorità civili.
Chi non lo ricorda alla inaugurazione del campo sportivo di Lauro? Al centro del campo, festante, da tifoso del calcio qual’era, accanto al Sindaco Avv. Ottavio Colucci il quale inaugurava lanciando il primo calcio l pallone tra i sorrisi e gli applausi di Don Rocco. Partecipazione attiva diede alla vita del paese nel quale, insieme a noi, visse oltre un cinquantennio. Si dice che “la patria è là dove si vive”, a buon diritto, dunque, Don Rocco è considerato un nostro concittadino. Ne fu data ampia manifestazione di affetto, il pomeriggio delle sue esequie, in cui non si vide mai la Chiesa di Lauro tanto stipata dal pubblico amico. E che sotto una fastidiosa pioggia lo accompagnava nell’ultimo cammino alla porta del paese donde si avviò alla terra dei suoi avi, in Marigliano. Finiva così, in un grigio tramonto invernale, la lunga e rigogliosa primavera di Don Rocco.
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